HOME / ARCV

La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARCV)

Home / ARCV

Che cos'è la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARCV)??

E’ una malattia che colpisce primariamente il muscolo cardiaco e i particolare il ventricolo destro: da qui l’acronimo ARVC comunemente usato. Oggi sono riconosciute tre forme: quella classica ventricolare destra, quella bi-ventricolare e quella che coinvolge prevalentemente il ventricolo sinistro. Sul piano strutturale, è caratterizzata dalla trasformazione fibrosa (sclerotica) ed adiposa (grassa) delle pareti ventricolari. Questa sostituzione fibro-adiposa genera un substrato strutturale che favorisce la comparsa di aritmie, specialmente ventricolari, e quindi potenzialmente pericolose (da qui il termine aritmogena). Nella ARVC può coesistere la disfunzione sistolica del ventricolo destro o di entrambi i ventricoli, destro e sinistro.

La ARVC è definita dalla presenza di predominante dilatazione e disfunzione del ventricolo destro in presenza di coinvolgimento istopatologico e/o di anomalie elettrocardiografiche. Esistono criteri diagnostici maggiori e minori: la loro diversa combinazione consente di fare diagnosi di ARVC.

E' frequente nella popolazione generale?

La ACM è una malattia rara; la prevalenza è di 1:5000 soggetti; quindi, come tale, soddisfa i criteri che definiscono le malattie rare. Colpisce prevalentemente i giovani adulti, sia di genere maschile che femminile e ricorre con maggior frequenza negli atleti.

Chi fa la diagnosi?

La diagnosi è formulata dal cardiologo che esegue una visita, un ECG ed un ecocardiogramma transtoracico. Un ruolo importante può essere svolto dai medici dello sport che sono chiamati a rilasciare i certificati di idoneità sportiva, in particolare per l’attività agonistica. Poiché la ARVC può avere manifestazioni elettrocardiografiche (ECG-grafiche) peculiari, a volte il primo sospetto clinico può nascere proprio dall’ECG. IL “test da sforzo” ovvero un ECG registrato durante l’attività fisica, serve per valutare il comportamento del ritmo cardiaco o le modificazioni ECG-grafiche durante sforzo. L’ecocardiogramma viene sempre richiesto quando c’è il sospetto di malattia. E’ utile eseguire una risonanza magnetica che può riconoscere i segni precoci della malattia, quando la trasformazione fibro-adiposa delle pareti ventricolari è minima e limitata a piccole zone di parete miocardica. Altri esami speciali come lo “studio elettrofisiologico” possono essere prescritti in caso di disturbi del ritmo cardiaco. Spesso poi è necessario verificare la presenza di aritmie, anche non percepite, per cui serve il monitoraggio ECG di 24 ore (Holter 24-H).

 

Chi segue i pazienti?

Quando la diagnosi è accertata, lo specialista che segue i pazienti è il cardiologo clinico/aritmologo; il “monitoraggio” è personalizzato. Nella maggior parte dei casi serve una terapia medica la cui appropriatezza è sostenuta da regole di provata efficacia clinica a livello internazionale (linee guida). Nell’ambito delle scienze cardiologiche l’aritmologia ha oggi un ruolo chiave nella gestione dei disturbi del ritmo. Quindi spesso i cardiologi clinici collaborano con i cardiologi aritmologi ed, insieme, elaborano i piani terapeutici che poi vengono proposti al paziente, spiegandone le ragioni. La gestione, come anticipato, può richiedere la partecipazione di più specialisti (gestione multidisciplinare) la cui programmazione compete al medico che prende in carico il paziente. Il rilascio del certificato di idoneità sportiva è di pertinenza del medico dello sport.

Quali sono le cause?

Le cause conosciute della ARVC sono prevalentemente genetiche (>50%). Sono noti numerosi geni diversi tra loro che, in caso di difetto –mutazione ­, causano la malattia. Altre cause meno frequenti sono di natura infiammatoria (per es. sarcoidosi cardiaca). I geni prevalentemente coinvolti servono a far produrre proteine che tengono in contatto tra loro le cellule del cuore con particolari strutture che si chiamano desmosomi. Potreste sentire parlare di questa malattia proprio come malattia desmosomiale o del desmosoma. I geni che codificano per la produzione di proteine del desmosoma non sono gli unici, ma solo quelli più frequentemente, anche se non esclusivamente, coinvolti nella patogenesi e cause della malattia. Questi geni sono quelli analizzati di routine con il test genetico in tutti i laboratori di genetica.

Q&A

Poiché la sostituzione fibro-adiposa è una delle caratteristiche della malattia, la biopsia endomiocardiaca (BEM) può essere indicata perché proprio questa alterazione costituisce uno dei criteri diagnostici maggiori. Si tratta di una procedura invasiva ma semplice, ormai routinaria nei centri di riferimento, specie i centri trapianto la cui esperienza relativa alle BEM supera le decine di migliaia di procedure/centro. Non richiede ospedalizzazione: si esegue insieme al “cateterismo cardiaco destro” in regime di day hospital. La biopsia comporta una piccola anestesia locale a livello della cute del collo: l’operatore inserisce lo strumento (biotomo) nei vasi venosi e da qui raggiunge il ventricolo destro, dove effettua piccoli prelievi (2-3mm) di tessuto cardiaco da esaminare al microscopio. On è essenziale per la diagnosi ma può avere un ruolo contributorio.

Dopo aver ricostruito la storia personale del paziente e quindi della famiglia nella quale può già essere evidente la presenza di altri membri affetti dalla stessa malattia, i parenti, almeno di primo grado, eseguono una valutazione cardiologica non invasiva con visita, ECG ed ecocardiogramma (prima screening): questo consente diagnosi precoci anche quando la malattia è ancora pre-sintomatica. Lo studio clinico della famiglia può essere importante per il paziente stesso in quanto la malattia è prevalentemente familiare e genetica e a volte i criteri di malattia possono essere variamente presenti nei membri della stessa famiglia anche asintomatici e non consapevoli di essere affetti. Poiché la familiarità accertata è un criterio diagnostico maggiore, lo screening della famiglia dovrebbe essere sempre garantito. Anche la morte improvvisa giovanile è un criterio maggiore: quindi è importante che il paziente verifichi all’interno della sua famiglia, se sono occorsi eventi fatali in parenti, specie di primo grado. Può verificarsi la condizione in cui, nella famiglia, vi sia un solo affetto e che la malattia, e quindi la sua causa, sia de novo: questo significa che il difetto genetico è occorso per la prima volta nel paziente che l’ha manifestata clinicamente il quale, a sua volta, può trasmetterla ai figli.

Quando la causa è genetica, la ARVC solitamente si trasmette di genitore in figlio (trasmissione autosomica dominante. 50%). In una minoranza di casi, la modalità di trasmissione è autosomica recessiva: i genitori sono entrambi portatori “sani” di una mutazione. Quando la ARVC è autosomica recessiva la probabilità di trasmissione del difetto che la causa da parte di entrambi i genitori allo stesso figlio è del 25%; la probabilità che entrambi i genitori non trasmettano il difetto allo stesso figlio è 25%; la probabilità che uno o l’altro dei genitori (ma non entrambi) trasmetta il suo difetto allo stesso figlio è 50%. In questo caso il figlio che riceve il difetto genitoriale è portatore sano come i genitori: questo significa che può non manifestare clinicamente la malattia. Tuttavia, poiché le conoscenze ralative a questa malattia e all’effetto dei difetti genici sul cuore sono in espansione, è bene che anche che è portatore di difetti genici che da soli i eterozigosi non dovrebbero portare all’espressione clinica della malattia, esegua regolari monitoraggi clinici. I cardiologi conoscono a fondo queste condizioni e possono personalizzare i vostri monitoraggi (quali servono e quando eseguirli).

Un test genetico è la ricerca di difetti nei geni che possono causare ARVC; si esegue su DNA estratto da un campione di sangue. Dopo l’identificazione del difetto genetico potenzialmente associato alla ARVC, lo stesso difetto sarà ricercato nei parenti sia sani sia malati: questo consentirà di verificare una condizione che si chiama “segregazione” ovvero: chi è portatore del difetto ha la malattia, mentre chi non lo è non dovrebbe sviluppare la malattia.

Il test genetico può modificare le decisioni di gestione della malattia, specie per l’impianto del defibrillatore o per l’esecuzione dello studio elettrofisiologico o le indicazioni alla terapia ablativa. Per il resto, in genere, il test genetico non modifica significativamente la terapia. Un test genetico può essere negativo o perché non sono ancora stati scoperti tutti i geni che causano la ARVC oppure perché le cause non sono genetiche.

Esistono varianti di malattia nelle quali oltre al cuore è coinvolta la cute, le cui manifestazioni più tipiche sono a livello delle palme delle mani e della pianta dei piedi: si chiama cheratosi palmo-plantare. In generale un clinico riconosce facilmente questo segno; tuttavia il dermatologo è lo specialista più qualificato per confermarlo. Anche i capelli possono avere caratteristiche particolari (aspetto estremamente lanoso). Queste forme sono più frequentemente a trasmissione autosomica recessiva.

Lo svenimento (o sincope) con perdita di coscienza può verificarsi una o più volte. E’ fondamentale riferire subito l’evento al cardiologo di riferimento che farà i dovuti accertamenti per capirne le cause e stabilire se sono sincopi pericolose e che eventualmente richiedano un defibrillatore impiantabile o un pace-maker.

Sì, i battiti possono essere percepiti come senso di irregolarità, subbuglio, battiti mancanti. Questi sintomi vanno sempre riferiti.

Lo sport agonistico non è indicato, mentre è consentita attività fisica dolce che non renda percepibile lo sforzo. I farmaci non possono essere interrotti o modificati se non dopo essersi consultati con il cardiologo.

L’informazione è in parte vera, specie per i pazienti che non sanno di essere affetti da ACM, che è spesso asintomatica. In generale invece, quando un paziente conosce il suo stato di malattia ed è regolarmente seguito dal cardiologo che mette in atto tutti i sistemi di protezione nei confronti delle aritmie ventricolari potenzialmente maligne (farmaci ed apparecchi impiantabili o terapie “ablative” che isolano elettricamente la sede da cui nascono le aritmie), il paziente è protetto.

Aggiornamenti

Nel 2023 sono state pubblicate le linee guida della Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology): “2023 ESC Guidelines for the management of cardiomyopathies. Developed by the task force on the management of cardiomyopathies of the European Society of Cardiology (ESC)”*.

  • Le linee guida riguardano tutte le cardiomiopatie e quindi anche la DCM. Lo scopo generale è quello di aiutare i medici che diagnosticano le cardiomiopatie e gestiscono pazienti, fornendo le migliori evidenze scientifiche e cliniche disponibili alla data della loro pubblicazione. Gli studi clinici controllati randomizzati in pazienti con cardiomiopatie sono pochi. Per questo motivo, la maggior parte delle raccomandazioni in questa linea guida si basa su studi di coorte osservazionali e sul consenso di esperti.
  • L’obiettivo specifico è quello di fornire ai medici un percorso diagnostico pratico e indicazioni sui trattamenti per pazienti di tutte le età. Dato il numero crescente di pazienti che vengono riconosciuti avere una base genetica nota per la loro malattia, le linea guida considerano le implicazioni delle diagnosi anche per le famiglie e forniscono consigli sulla riproduzione e contraccezione.
  • Poiché le cardiomiopatie possono presentarsi a qualsiasi età e possono interessare individui e famiglie durante l’intero corso della vita, le linea guida seguono il principio di considerare le cardiomiopatie in tutti i gruppi di età come singole entità patologiche, con raccomandazioni applicabili a bambini e adulti, pur nella consapevolezza che i dati basati sull’evidenza per molte delle raccomandazioni sino significativamente più limitati per i bambini.