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Cardiomiopatia ipertrofica (HCM)

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Che cos'è la cardiomiopatia-ipertrofica (HCM)?

E’ una malattia che colpisce primariamente il muscolo cardiaco. Il nome deriva dal fatto che tipicamente le pareti del cuore si ispessiscono (da qui l’aggettivo ipertrofica) in assenza di cause come l’ipertensione o patologie delle valvole. La diagnosi si ottiene con l’ecocardiogramma ed è formulabile quando lo spessore massimo misurato è maggiore o uguale a 15mm nell’adulto o anche a 13 o 14 mm nei parenti dei pazienti con diagnosi accertata. Nei bambini la misura dello spessore deve tener conto dei valori attesi per età e genere e deve quindi essere calcolata per ciascun paziente.  Nella maggior parte dei casi la HCM è asintomatica ma a volte possono manifestarsi disturbi del ritmo cardiaco e disturbi legati alla difficoltà di rilassamento delle pareti del cuore (disfunzione diastolica); raramente evolve verso dilatazione e difficoltà alla contrazione del cuore (disfunzione sistolica) per cui l’espulsione ciclica del sangue dal ventricolo sinistro è globalmente meno efficace della norma.

Chi colpisce?

E’ una malattia che si manifesta preferenzialmente i giovani adulti, sia di genere maschile che femminile. Può occorrere  anche in bambini nei quali tuttavia è più rara e può avere cause diverse da quella tipica del giovane adulto. Quando un bambino presenta un cuore ipertrofico e non sono presenti cause valvolari o malattie cardiache congenite, le cause devono essere cercate anche tra le malattie cosiddette “metaboliche” nelle quali la presenza di un difetto spesso di un enzima che metabolizza le sostanze intracellulari, comporta l’accumulo delle sostanze stesse all’interno della cellula, aumentandone le dimensioni; questo comporta poi l’aumento dello spessore delle pareti del cuore. In generale tuttavia, la HCM può emergere in qualsiasi età della vita. 

E' frequente nella popolazione generale?

La CMI ha una prevalenza di 1:500 soggetti. Questo perché oggi la moderna cardiologia consente di ottenere diagnosi molto precoci ed i centri di riferimento hanno ormai adottato la strategia di eseguire lo screening clinico (visita, ECG ed ecocardiogramma) dei parenti, almeno di primo grado, dei pazienti con diagnosi di HCM.

Chi fa la diagnosi?

La diagnosi è di pertinenza del cardiologo che esegue un ECG ed un ecocardiogramma transtoracico; spesso esegue un prelievo ematico per verificare i livelli di alcuni parametri che possono modificarsi nella HCM e che contribuiscono alla verifica dell’eventuale coinvolgimento di tessuti o organi extra-cardiaci. Può accadere cha la diagnosi venga sospettata o formulata dal medico dello sport specie in atleti che eseguono regolare controllo per l’idoneità all’attività sportiva. Può essere utile eseguire una risonanza magnetica nucleare. Altri esami speciali come lo “studio elettrofisiologico” possono essere prescritti in caso di disturbi del ritmo cardiaco. Può essere necessario verificare l’eventuale presenza di aritmie, anche non percepite, per cui serve il monitoraggio ECG di 24 ore (Holter 24-H) e verificare il comportamento del cuore sotto forzo per cui serve un test da sforzo. Altri esami necessari sono eventualmente decisi di caso in caso, su una base personalizzata.

Chi segue i pazienti?

Quando la diagnosi è accertata, lo specialista che segue i pazienti è il cardiologo clinico; il “monitoraggio” è personalizzato. Nella maggior parte dei casi serve una terapia medica la cui appropriatezza è sostenuta da regole di provata efficacia clinica a livello internazionale (linee guida). Nell’ambito delle scienze cardiologiche l’aritmologia ha oggi un ruolo chiave nella gestione dei disturbi del ritmo. Quindi spesso i cardiologi clinici collaborano con i cardiologi aritmologi ed, insieme, elaborano i piani terapeutici che poi vengono proposti al paziente, spiegandone le ragioni.  

Quali sono le cause?

Le cause della HCM ad oggi note sono prevalentemente genetiche (>70%). Sono noti numerosi geni, diversi tra loro, che, in caso di difetto (mutazione), si associano alla malattia: nella maggior parte dei casi si tratta di geni che sono deputati alla produzione delle proteine che fanno contrarre le cellule del cuore (miociti cardiaci). Esistono anche malattie genetiche che causano l’accumulo di sostanze non metabolizzate nelle cellule del cuore e ne aumentano le dimensioni, generando un ispessimento globale delle pareti del cuore stesso (forme metaboliche). Altre cause meno frequenti sono di natura acquisita infiammatoria, e tossica (farmaci).  Tra gli esami possibili vi è anche la biopsia miocardica che consente di riconoscere forme particolari di HCM, tra cui quelle infiammatorie, metaboliche e tossiche.

Q&A

Dopo aver ricostruito la storia della famiglia nella quale può già essere evidente la presenza di altri membri affetti dalla stessa malattia, i parenti, almeno di primo grado, eseguono una valutazione cardiologica non invasiva con visita, ECG ed ecocardiogramma: questo consente diagnosi precoci anche quando la malattia è ancora nelle sua fase pre-sintomatica.

Quando la causa è genetica, la HCM si trasmette di genitore in figlio (modalità autosomica dominante) nella maggior parte dei casi (50% di rischio di trasmissione per ogni nuova gravidanza). In una minoranza di casi, la modalità di trasmissione è diversa e a volte la malattia può apparire “sporadica” anche se ha una causa genetica (autosomica recessiva o legata al cromosoma X o matrilineare) (disegna la tua famiglia sui fogli guida allegati).

Un test genetico è la ricerca di difetti nei geni che possono causare HCM; si esegue su DNA estratto da un campione di sangue. Dopo l’identificazione del difetto genetico potenzialmente associato alla malattia, lo stesso difetto sarà ricercato nei parenti sia sani sia malati: questo consentirà di verificare una condizione che si chiama “segregazione”: chi è portatore del difetto genico ha la malattia o ha elevate probabilità di svilupparla nel corso della vita, pur in fase precoce, mentre chi non lo è, non ha la malattia. Questa regola vale in particolare per l’età adulta; spesso l’ipertrofia compare con l’età.

Il test genetico non modifica sostanzialmente le decisioni di gestione della malattia, ma è fondamentale per le diagnosi precoci nei parenti dei pazienti, nei casi in cui lo spessore massimo delle pareti ventricolari sinistre sia inferiore a 15 mm e nella diagnosi differenziale con il cuore da atleta. Un test genetico può essere negativo o perché non sono ancora conosciuti, e quindi analizzabili, tutti i geni cha causano la HCM oppure perché le cause non sono genetiche.

Lo svenimento (o sincope) può verificarsi una o più volte. E’ fondamentale riportare subito l’evento sincopale al cardiologo di riferimento che farà i dovuti accertamenti per capirne la natura e stabilire se si tratta di sincope potenzialmente pericolosa (dovuta ad aritmie) e se sia indicato l’impianto di un defibrillatore impiantabile o un pace-maker. 

Si, i battiti possono essere percepiti come senso di irregolarità, subbuglio, battiti mancanti. Questi sintomi vanno annotati e riferiti.

Il dolore toracico è possibile: è importante descriverlo con precisione (quando insorge, quanto dura, se si ripete in occasioni simili); queste informazioni servono per capirne l’origine e l’eventuale connessione con la malattia. I piccoli vasi delle pareti del cuore possono rimanere compressi dalle cellule cardiache ispessite e possono quindi transitoriamente non irrorare bene il tessuto cardiaco. Questo può a sua volta generare la formazione di “fibrosi” che è un elemento contributorio alla genesi di aritmie cardiache. 

Pur non essendo tipico della malattia in generale, è possibile che si percepisca difficoltà di respiro. E’ necessario sentire il proprio cardiologo di riferimento che rivedrà la terapia o consiglierà un breve ricovero per l’ottimizzazione terapeutica

Lo sport agonistico non è indicato, mentre è consentita attività fisica dolce che non renda percepibile lo sforzo. I farmaci non possono essere interrotti o modificati se non dopo essersi consultati con il cardiologo.

L’informazione è in parte vera, specie per i pazienti che non sanno di essere affetti da HCM, che è spesso asintomatica. In generale invece, quando un paziente conosce il suo stato di malattia ed è regolarmente seguito dal cardiologo che mette in atto tutti i sistemi di protezione nei confronti delle aritmie ventricolari potenzialmente maligne (farmaci ed apparecchi impiantabili oppure procedure ablative atte ad isolare elettricamente il focolaio da cui insorge l’aritmia), il paziente è protetto.

Il trapianto cardiaco potrebbe essere necessario nel caso in cui le terapie mediche non bastino più a sostenere il cuore. Ma… di questo parliamone insieme.

Aggiornamenti

Nell’Agosto 2023 sono state pubblicate le linee guida della Società Europea di Cardiologia (European Society of Cardiology): “2023 ESC Guidelines for the management of cardiomyopathies. Developed by the task force on the management of cardiomyopathies of the European Society of Cardiology (ESC)”*.

  • Le linee guida riguardano tutte le cardiomiopatie e quindi anche la DCM. Lo scopo generale è quello di aiutare i medici che diagnosticano le cardiomiopatie e gestiscono pazienti, fornendo le migliori evidenze scientifiche e cliniche disponibili alla data della loro pubblicazione. Gli studi clinici controllati randomizzati in pazienti con cardiomiopatie sono pochi. Per questo motivo, la maggior parte delle raccomandazioni in questa linea guida si basa su studi di coorte osservazionali e sul consenso di esperti.
  • L’obiettivo specifico è quello di fornire ai medici un percorso diagnostico pratico e indicazioni sui trattamenti per pazienti di tutte le età. Dato il numero crescente di pazienti che vengono riconosciuti avere una base genetica nota per la loro malattia, le linea guida considerano le implicazioni delle diagnosi anche per le famiglie e forniscono consigli sulla riproduzione e contraccezione.
  • Poiché le cardiomiopatie possono presentarsi a qualsiasi età e possono interessare individui e famiglie durante l’intero corso della vita, le linea guida seguono il principio di considerare le cardiomiopatie in tutti i gruppi di età come singole entità patologiche, con raccomandazioni applicabili a bambini e adulti, pur nella consapevolezza che i dati basati sull’evidenza per molte delle raccomandazioni sino significativamente più limitati per i bambini.